Ormai il Consiglio Regionale – tranne rari casi singoli – sembra diventato una succursale di Corporation America, cioè del padrone privato degli aeroporti toscani. Non si può che commentare così l’ennesimo tentativo di resurrezione del progetto di nuovo mega scalo fiorentino, grazie alla mozione approvata a larghissima maggioranza oggi.
Per l’assise regionali non ci sono state le sentenze della magistratura che avevano messo la parola fine al progetto, le prese di posizione degli stessi ministeri, anni di progetti bocciati e di crescente avversità dei cittadini. Non c’è stato nulla di tutto questo, si deve ripartire ad ogni costo: il privato lo richiede.
Vogliamo inoltre sottolineare che nulla ha a che fare, se non molto marginalmente, il progetto di nuova pista aeroportuale con la riqualificazione di zone come Peretola, Brozzi, Quaracchi e le Piagge, e molto ha a che fare con la devastazione ambientale di tutta la Piana fiorentina. Meno che mai con lo sviluppo armonico, come si dice nella mozione, del sistema aeroportuale toscano, visto che proprio quel progetto confligge con le funzioni dello scalo pisano.
Noi con coerenza siamo stati e saremo sempre contro questo progetto folle da ogni punto di vista, i suoi periodici tentativi di resurrezione. Agli altri, Partito Democratico, Italia Viva e centro destra, lasciamo il coro teso ad accreditarsi come il più fedele alleato del progetto stesso, come stiamo assistendo in queste ore. Mentre nessuno parla ovviamente dei soldi pubblici già impegnati a più riprese per la realizzazione del medesimo, di proprietà appunto di un privato. Come al solito ci impegneremo alla mobilitazione contro questa tragica beffa dell’interesse pubblico.
Partito della Rifondazione Comunista – SE Firenze Partito della Rifondazione Comunista – SE Prato Partito della Rifondazione Comunista – SE Toscana
Le Segreterie Provinciali di Firenze e di Prato del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea esprimono la propria condanna per il grave episodio di violenza occorso nella serata di ieri davanti alla Dreamland, nell’area del Macrolotto a Prato.
Appena avuta notizia dell’aggressione ai lavoratori in presidio i segretari provinciali di Firenze Palandri e di Prato Bonacchi con una rappresentanza delle proprie Segreterie e con i Consiglieri Comunali di Sinistra Progetto Comune di Firenze (Bundu e Palagi) e di Rifondazione Comunista di Carmignano (Drovandi) si sono recati sul luogo della violenta e criminale aggressione per manifestare solidarietà e vicinanza del nostro Partito, raggiungendo le compagne e i compagni già presenti, insieme alle numerose persone accorse in risposta all’appello del Si Cobas.
Dopo le note vicende della Texprint continuano le azioni di intimidazione da parte dei padroni, che fabbrica dopo fabbrica vedono crollare il muro di silenzio, omertà e rassegnazione che per troppo tempo ha protetto le pratiche di sfruttamento in uso in un gran numero di aziende del territorio pratese e non solo. La presa di posizione netta da parte della politica cittadina e del sindacato confederale di queste ore è fondamentale per fermare questa escalation; adesso però alle condanne della violenza si deve affiancare il riconoscimento dell’esistenza di un sistema di sfruttamento diffuso che va abbattuto, nell’interesse dei lavoratori e del tessuto produttivo stesso.
Rifondazione Comunista si schiera per questo in difesa dei lavoratori e delle lavoratrici, al loro fianco nelle rivendicazioni per veder riconosciuti i propri diritti.
La situazione del trasporto pubblico locale, tramite autobus e treni che portano gli studenti verso Licei e Istituti tecnici di Figline Valdarno, San Giovanni Valdarno e Montevarchi, continua ad essere insostenibile.Dall’apertura dell’anno scolastico i ragazzi stanno viaggiaando in autobus strapieni e treni sovraffollati, dove non c’è alcun distanziamento; paradossale che poi si stabiliscano regole ferree dentro le scuole, se non c’è sicurezza sui mezzi per raggiungerle.
Questo problema è ben noto a tutte le istruzioni dall’inizio della pandemia ma le misure adottate sono state del tutto insufficienti.
Gli impegni e le promesse di implementare il trasporto pubblico da parte delle istituzioni e delle aziende che lo gestiscono, si sono rivelati solo propaganda fasulla e ingannevole; lo dimostra il fatto che non ci sono state assunzioni di personale a rafforzamento degli organici, condizione necessaria al potenziamento del servizio.Infatti sugli autobus i ragazzi viaggiano ogni mattina in piedi e appiccicati, in alcuni casi addirittura gli autisti hanno dovuto saltare le fermate, perché gli autobus erano già pieni, lasciando i ragazzi a terra. Nei giorni scorsi inoltre ha fatto scalpore la vicenda di un treno che ha dovuto interrompere la corsa e fare scendere le persone a Ponticino (ma è evidente che il convoglio era pieno già dalle tratte precedenti) per il troppo sovraffollamento. A fronte di tutto ciò ci risulta per il trasporto studenti del Valdarno, una sola corsa autobus aggiuntiva la mattina e una il pomeriggio e per i treni solo un paio di vetture aggiuntive al giorno, nella tratta Firenze – Arezzo.
Non è abbastanza! Sottolineiamo che il sovraffollamento comporta rischi a prescindere dal Covid, in quanto, al di la dei tanti altri possibili contagi da malattie, stare in piedi sugli autobus comporta il rischio di infortunarsi in caso di frenante; parallelamente sui treni sovraffollati (come da anni denunciano i pendolari) il controllo del personale è difficoltoso e sporadico, per cui in caso di un malore o di un problema al materiale, la situazione può divenire pericolosa.Ricordiamo che gli studenti pagano regolarmente biglietti e abbonamenti con costi importanti per le famiglie, chiediamo pertanto un potenziamento reale dei servizi di trasporto pubblico dedicati agli studenti, con assunzione di personale, aumento significativo delle corse e della capienza.
Ci impegneremo a organizzare con gli studenti coinvolti, ma anche con insegnanti e lavoratori del trasporto pubblico, iniziative di sensibilizzazione e protesta nelle prossime settimane a partire dallo sciopero generale del 11 ottobre 2021, che riguarderà anche le scuole.
Come Rifondazione Comunista Firenze aderiamo convintamente all’appello della società civile ai governi e alle istituzioni europee “Stand up for Change! Coalizione per la democrazia e la laicità in Europa e in Afghanistan” lanciato dal CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) ed altrettanto convintamente parteciperemo al presidio indetto per sabato 25 settembre alle 17:00 in Piazza Duomo (davanti alla sede della Regione).
L’occupazione ventennale dell’Afghanistan da parte delle forze occidentali guidate dagli Stati Uniti ha rivelato, al momento del ritiro delle truppe, il fallimento intrinseco di questa operazione.
Un’operazione militare che per due decenni ha malamente mascherato pretese imperialiste con finte vocazioni umanitarie, che si sono alla fine rivelate essere meri discorsi di propaganda.
Le donne afghane sono tra coloro che più di tutti nella popolazione hanno subito gli effetti della guerra: se è vero che un governo fondamentalista come quello talebano non riconoscerà loro eguali diritti, è importante anche ricordare, come fa proprio il CISDE, che anche durante l’occupazione occidentale “la liberazione delle donne” non è stata raggiunta: l’87% delle donne afghane, difatti, è ancora analfabeta; le donne che hanno avuto la possibilità di studiare e lavorare costituiscono un’esigua minoranza, usata dai governi occidentali per dimostrare il successo dell’occupazione”.
Invitiamo quindi tutte e tutti a leggere e condividere l’appello del CISDE e a partecipare al presidio di sabato 25 settembre.
Lorenzo Palandri, Segretario provinciale PRC Firenze Duccio Vignoli, Segretario del Circolo PRC di Campi Bisenzio
L’imponente manifestazione di sabato 18 settembre a cui abbiamo partecipato, assieme a decine di migliaia di persone, con le compagne e i compagni di tutta Italia, avevo l’obiettivo di ribadire al fondo Melrose che i destinatari di quelle comunicazione di licenziamento non avevano alcuna intenzione di arrendersi. Non solo perché è inammissibile che oltre 400 persone perdano il proprio posto di lavoro dalla sera alla mattina e lo vengano a sapere via mail ma anche perché dietro la lotta dei lavoratori della GKN ci sta quella di chi un lavoro non ce lo ha, di chi lo ha precario, di chi nonostante lavori non riesce ad attivare alla fine del mese.
Finalmente, questa mattina il Tribunale del Lavoro ha riconosciuto le ragioni dei lavoratori e dei sindacati che li rappresentano ed hanno annullato i licenziamenti, dal momento che questi erano stati effettuati in violazione dello Statuto dei Lavoratori.
Un grazie, ancora oggi, lo dobbiamo a chi, a partire dal secondo dopoguerra, si è battuto per ottenere i diritti che la legge riconosce a chi lavora (e previsti dalla Costituzione), nonostante la devastazione che centrosinistra e centrodestra hanno portato avanti a partire dagli anni ’80 del secolo scorso, indebolendo in modo quasi letale il mondo del lavoro.
Per questo salutiamo con soddisfazione la notizia di questa mattina, ma riteniamo che la politica non debba commentarla – o peggio rivendicarla. Essere al servizio della lotta del Collettivo di Fabbrica vuol dire riconoscere la sua centralità e lavorare per fare in modo che si registri un momento di svolta per ridare centralità a un diverso modello di sviluppo, non più fondato su finanziarizzazione dell’economia e speculazione, ma capace di partire dai bisogni del territorio, sia di chi lo vive che dell’ambiente.
Oggi è stata vinta una battaglia, non certo la guerra. Continueremo a sostenere ed affiancare le lavoratrici e i lavoratori della GKN nella lotta e continuando a chiedere a gran voce un impegno serio e risolutivo contro le delocalizzazioni: va fermata questa pratica spregiudicata, che vede i padroni diventare ancora più ricchi trattando chi lavora come carta straccia e mettendo i popoli uno contro l’altro.
La vertenza della fabbrica di Campi Bisenzio non è un caso isolato, ma un’opportunità per misurarci con i doveri che abbiamo verso la società, ognuno per la propria competenza.
Segreteria Provinciale Rifondazione Comunista Firenze Circolo Rifondazione Comunista Campi Bisenzio
La questioni degli infortuni mortali sul lavoro diventa ogni giorno più drammatica. Ben tre negli scorsi giorni, di cui 2 in Toscana. Sono numeri pesanti che confermano il tema della sicurezza sul lavoro come un tema di emergenza nazionale.
La normativa vigente non è sufficiente. Si limita a creare un complesso impianto di fogli, certificati e verbali vari, spesso privi di riscontro pratico a cui non si affianca un efficace sistema di controlli. Anzi, è il caso di dire che i controlli in questo ambito sono quasi assenti. Si interviene solo a tragedia accaduta.
Il dramma delle morti sul lavoro richiederebbe, a livello nazionale, l’assunzione urgente di migliaia di ispettori per i controlli sulla sicurezza, appunto controlli che sono praticamente scomparsi a seguito dei tagli fatti sul settore. È importante però aggiungere che aumentare i controlli non basta. Il problema ha origine nel modello di sviluppo nel quale viviamo, il capitalismo, che subordina le nostre vite, di lavoratrici e lavoratori, alla competitività delle imprese.
Le aziende per risparmiare non predispongono misure adatte per prevenire incidenti o patologie che insorgono a causa dell’attività lavorativa, le malattie professionali. Anche questa è lotta di classe, una lotta dove muoiono migliaia di persone ogni anno solo in Italia. Anche recentemente sui giornali abbiamo tutti letto di incedenti causati da una mancata manutenzione sui macchinari.
Il comune denominatore degli incidenti sul lavoro o delle malattie professionali è che a farsi male sono lavoratrici e lavoratori che svolgono lavori manuali. Operai e operaie che lavorano con macchine e strumenti non protetti, che manipolano sostanze chimiche cancerogene, che si trovano a lavorare su impianti senza manutenzione. Molto difficilmente vediamo infortuni tra dirigenti d’azienda, ovvero tra coloro che dirigono i processi di produzione e molte, troppe volte, considerano le misure di prevenzione e protezione semplicemente come un costo da abbattere.
Ciò che occorre mettere in discussione è la logica del profitto e della competizione, realizzate in un sistema produttivo che gioca sull’abbattimento del costo del lavoro. Occorre mettere in discussione il fatto che gli interessi d’impresa vengono elevati a valori universali. Per affrontare il problema seriamente, non basta limitarsi a denunciare quando succedono queste disgrazie, serve mettere al centro dell’agenda politica questo tema, occorre una pianificazione strategica per far fronte a questo problema, anche a livello locale.
Il luogo comune è che gli enti locali non possono fare molto rispetto ai grandi temi, compreso quello del lavoro. A Sesto Fiorentino ad ottobre si andrà alle elezioni. Sesto Popolare, forza appoggiata dal Partito della Rifondazione Comunista e da Potere al Popolo, ha intenzione di ribaltare questo cliché con delle proposte concrete. Viene promosso un assessorato alla buona occupazione, già proposto anche a Campi Bisenzio dalla lista Campi a Sinistra, un particolare assessorato con cui far nascere un osservatorio permanente per la qualità dell’occupazione e alla sicurezza nei luoghi di lavoro, in grado di garantire in tutta la piana un’offensiva a difesa della dignità del lavoro e di chi lavora.
Negli ultimi anni assistiamo ad una progressiva mancanza di valorizzazione della figura dell’RLS (Rappresentante lavoratori per la sicurezza). La figura dell’RLS è sempre meno riconosciuta e spesso lasciata priva di strumenti, finendo per diventare molte volte un attore inconsapevole di questo sistema. Per questo motivo diventa importantissimo il progetto di una piattaforma digitale sul lavoro, per RLS e RLST dell’area di Sesto Fiorentino.
La promozione della cultura del lavoro sicuro a partire dalle scuole e la promozione del controllo sulla qualità del lavoro con tutte le realtà preposte a farlo, concludono il disegno politico di Sesto Popolare sul tema delle morti sul lavoro.
Piangere le morti e definirle inaccettabili non serve a nulla se non si pretendono comportamenti e pratiche capaci di far vivere in sicurezza le persone che devono lavorare per vivere. La risposta al dramma delle morti sul lavoro inoltre non può avere un carattere semplicemente tecnico, serve un intervento con una solida base politica che rimetta al centro gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori, anche attraverso una loro partecipazione diretta. Le persone prima dei profitti.
Da giovedì 9 a domenica 12 settembre si terrà, presso il Circolo Arci Santa maria (via Livornese 48, Empoli) la Festa del Circolo di Rifondazione Comunista Empolese – Valdelsa.
Programma
9 Settembre ore 19:30 – 21:30 – cena accompagnata dalla musica di Black Bird duo jazz ore 21:30 – dibattito “Perché essere comunisti e anticapitalisti oggi?” Intervengono Manuel Carraro (GC), Giuseppe Scavo (FGCI), Erika Di Michele (PAP)
10 Settembre ore 21:15 – Ambiente: un altro mondo è necessario Intervengono: Maurizio Acerbo (segretario nazionale Rifondazione Comunista), Marco Boldrini (Legambiente), Massimo Marconcini (Assessore all’Ambiente del Comune di Empoli), Leonardo Masi (consigliere comunale Buongiorno Empoli – Fabrica comune)
11 Settembre Ore 17:00: Dibattito: “Direzione Cina” con Gabriele Battaglia (giornalista) Ore 21:00: Faberband (Tributo a Fabrizio De Andrè)in concerto
12 Settembre Ore 16:30 – Studiare, studiare, studiare! Corso di formazione con Dino Greco Ore 21:30 – Attivo regionale delle/i Giovani comuniste/i
Circolo di Rifondazione Comunista di Firenze Sud – Galluzzo
Quest’anno l’11 agosto a Firenze si caratterizza assai giustamente nel sostegno agli operai GKN e, ovviamente, a tutti gli operai sottoposti ad attacco in numerose altre realtà, sebbene meno eclatanti dal punto di vista numerico.
Oggi più che mai quindi ricordare la liberazione dal fascismo significa anche lottare per la liberazione dal capitalismo che, è bene ricordarlo, si era annesso da subito il fascismo per utilizzarlo come braccio armato per reprimere un movimento operaio che stava assumendo dimensioni e forza eccezionali.
Vorrei quindi ricordare il periodo della resistenza a Firenze dal punto di vista delle fabbriche; sebbene posta al di fuori dell’allora “triangolo industriale”, Firenze era sede di almeno due delle fabbriche più importanti e all’avanguardia del paese, il Pignone e le Officine Galileo (per non parlare di una importante sede della FIAT). Ciò dava al movimento operario fiorentino una forza numerica e qualitativa ben superiore alla dimensione della città.
A partire dal 25 settembre 1943, anche Firenze non fu risparmiata dai bombardamenti. Essi miravano a colpire, in particolare, strade e le linee ferroviarie. I primi avevano interessato la zona di Campo di Marte per poi estendersi, nei mesi successivi, anche ad altre aree. Sabato 11 marzo 1944 era stata la volta di Careggi, del polo industriale di Rifredi e della zona di San Jacopino .
I bombardamenti quindi non avevano risparmiato neppure le fabbriche. Proprio in zona Rifredi erano situate alcune delle più importanti industrie cittadine: la Galileo, attiva nella produzione di materiali ottici, di puntamento e di apparecchiature elettriche per armamenti, che nel 1943 occupava più di 4.870 operai; la Pignone, da cui uscivano elmetti, macchinari, proiettili per marina e mine, la Superpila e la FIAT, a Novoli, che dava lavoro a 1.250 persone impiegate nella produzione di materiali per l’aviazione.
Fu proprio nei mesi che precedettero la ritirata dei tedeschi che emerse il malcontento degli operai, scandito dalle prime manifestazioni di dissenso. Se l’ubicazione geografica e la struttura sociale di Firenze, con agglomerati industriali più piccoli di quelli del Nord, l’avevano resa poco permeabile agli scioperi che nel marzo 1943 avevano avuto notevole successo a Torino e a Milano, ciò non vuol dire che anche nel capoluogo toscano non ci fossero segni di malcontento. I tedeschi, infatti, avevano continua necessità di produrre ed erano disposti anche a pagare somme molto alte, con grande vantaggio per gli industriali che, se da una parte incassavano di più, dall’altra tenevano comunque i salari degli operai bloccati, riducendone di giorno in giorno il potere di acquisto.
La prima mobilitazione antifascista iniziò a prendere corpo nei principali stabilimenti cittadini con la circolazione di opuscoli, fogli informativi e la raccolta di offerte a favore dei perseguitati politici e delle loro famiglie. Vennero anche messe in opera misure di sabotaggio della produzione, rallentando le fasi della lavorazione o creando pezzi fallati e incompleti.
Proprio durante l’estate 1943, su iniziativa del Partito Comunista, venne costituito a Rifredi, all’interno del locale Sottocomitato di Liberazione, il Comitato Settore industriale. Diretto dal comunista Mario Fabiani, futuro sindaco di Firenze, era formato da rappresentanti delle imprese più importanti. Sotto la spinta di questa forza di opposizione, nell’inverno fra il 1943 e il 1944, si susseguirono dimostrazioni e proteste generate dal peggioramento delle condizioni di vita. Le richieste dei lavoratori erano prevalentemente di tipo economico, ma possedevano anche un chiaro significato politico.
Le prime due fabbriche fiorentine in cui ebbero luogo, a fine di gennaio ‘44, manifestazioni organizzate dal Partito Comunista, furono proprio la Galileo e la Pignone.
Presso la Galileo, il giorno 27, il Comitato di Agitazione, diretto da Fabiani e con la collaborazione di Alfredo Mazzoni e Leo Nigro, capeggiò i lavoratori che, in segno di protesta, rallentarono la produzione e, in certi reparti, la bloccarono. Alla Pignone, sotto la guida del Comitato aziendale composto da Otello Bandini, Alviero Biagiotti, Tiberio Ciampi, Gino Lulli, Galliamo Melani, Nello Secci, Paolo Tincolini, i dipendenti iniziarono la loro mobilitazione per ottenere aumenti salariali e supplementi alla tessera del pane, incontrando un netto rifiuto da parte dei dirigenti sindacali fascisti, che spalleggiavano la proprietà.
Un mese più tardi, il 3 marzo, un grande sciopero bloccò la produzione in tutte le principali fabbriche cittadine. Esso fu preceduto da attentati incendiari a opera dei gappisti compiuti contro la sede dei sindacati fascisti, in seguito ai quali vennero distrutti gli schedari con i nomi dei lavoratori destinati a essere deportati in Germania.
In questa fase di lotta si distinse, in particolare, la Manifattura Tabacchi il primo stabilimento (dal 1940 occupava la nuova sede delle Cascine) che entrò in sciopero e le cui maestranze erano allora per il 90% femminili. Le sigaraie, attivissime nella protesta, si scagliarono contro Raffaele Manganiello, Prefetto della Provincia, giunto in fabbrica per intimare loro che fosse ripreso il lavoro: «abbiamo fame, vogliamo la pace e non vogliamo che i nostri figli siano mandati a morire per Hitler».
I nazifascisti non tardarono a punire gli operai compiendo vasti rastrellamenti con l’intenzione di creare un deterrente verso possibili e ulteriori azioni di lotta. Centinaia di lavoratori furono prelevati, soprattutto nel popolare rione di San Frediano e in modo analogo in diverse zone industriali della provincia, come Prato ed Empoli.
L’8 marzo 1944 partì da Firenze un trasporto di deportati politici con destinazione Mauthausen: il “carico” era composto da 597 uomini, 338 dei quali arrestati in Toscana. Tra questi anche Thos Bonardi, Ugo Bracci, Dino Mangini, Narciso Niccolai, tecnici della Pignone arrestati per aver partecipato allo sciopero dei primi di marzo. Nessuno di loro farà più ritorno.
Segreteria provinciale di Firenze di Rifondazione Comunista – SE Circolo Firenze Nord Rifondazione Comunista – SE
La notizia della vendita dello stabile che oramai da vent’anni e sede del CSA nEXt Emerson a Castello è arrivata per tutte e tutti noi come una doccia fredda.
Il 13 luglio, infatti, l’edificio verrà messo all’asta, con un’operazione che non è solo economica ma anche e soprattutto sociale, mandando all’aria un processo di aggregazione alternativa e sostegno sociale dalla storia trentennale.
L’esperienza del CSA nEXt Emerson è conosciuta ed apprezzata in tutta Firenze ed in particolar modo da chi vive nel Quartiere 5. La realtà ha sempre vissuto in simbiosi con il territorio, condividendo con le abitanti e gli abitanti di Castello le problematiche derivate da anni di scelte urbanistiche scellerate, che hanno progressivamente privato la zona di aree verdi e luoghi di aggregazione che non siano ad esclusiva vocazione commerciale.
Le compagne e i compagni del CSA nEXt Emerson sono riusciti a creare una realtà preziosissima, dove chiunque può trovare la propria dimensione e un luogo di condivisione. Una palestra popolare, corsi di danza, biblioteca autogestita, cineforum, presentazioni di libri e festival: è questo (e molto altro) il patrimonio che il Centro mette a disposizione del quartiere e della città, nella convinzione, viva oggi come all’inizio, della necessità di rendere a fruizione pubblica quegli spazi della città che le varie amministrazioni comunali hanno cercato di sottrarre alle cittadine e ai cittadini in nome del profitto.
Perché, ancora una volta, è la volontà di mettere a profitto, magari anche con ulteriore cementificazione, che si cela dietro la scellerata decisione di mettere all’asta lo stabile del centro sociale. Come ricordano dal CSA nEXt Emerson, infatti, il Comune di Firenze oramai da tempo “promuove” l’area in via di Bellagio come disponibile per la costruzione di nuovi complessi residenziali. E ciò viene fatto senza tenere conto del contesto intorno, sul quale insistono tutte le minacce dell’ampliamento delle grandi opere della Piana di Sesto ma anche una situazione peculiare della stessa zona di Castello, le e i cui residenti rischiano di vedere peggiorare rapidamente il proprio stile di vita a causa di progressivi tagli di servizi e operazioni di grandi gruppi immobiliari come quella dell’area Ex-Cerdec.
Ieri pomeriggio eravamo in piazza Dalmazia con le compagne e i compagni del CSA nExt Emerson: un lungo pomeriggio in cui hanno portato in piazza le loro attività e la loro protesta. Le loro attività per raccontare a chi non le conosce cosa è il centro è cosa è possibile trovarci, la loro protesta perché tutte e tutti devono sapere cosa si cela dietro la scelta di indire quest’asta e quali saranno le conseguenze.
Le compagne e i compagni di Rifondazione Comunista di Firenze e del suo Circolo Firenze Nord si sono uniti convintamente all’appuntamento del CSA nEXT Emerson e saremo al suo fianco anche nei prossimi giorni: Firenze non può permettersi di perdere una realtà così preziosa.
Immagine: fotografia dall’appuntamento in Piazza Dalmazia del 19 giugno
Valentina Adduci – Comitato Politico Federale Rifondazione Comunista – SE Firenze
In questi giorni non si può non riflettere sulle morti (sul lavoro) inaccettabili che si sono verificate dall’inizio dell’anno e sul sistema della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Partendo dall’analizzare la normativa in materia di sicurezza, d.lgs. 81/2001, detto testo unico, il suo limite, è la sua astrattezza, ovvero la sicurezza viene interpretata o comunque la norma viene applicata dai datori di lavoro quasi esclusivamente sul piano formale.
Ci si limita alla produzione di documenti (spesso fatti in serie, spesso illeggibili per i non tecnici, può accadere anche che siano retrodatati), e all’espletamento delle formalità così come prescritte nella norma e così ci si sta tranquilli, ci si salva perché si può dimostrare di avere tutto in regola. Anche i corsi di formazione sulla sicurezza spesso sono svolti nell’ottica di espletare una mera formalità, obbligatoria per legge.
Per i lavoratori, centrale dovrebbe essere il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza. E invece la realtà spesso è diversa. L’RLS, infatti, viene coinvolto solo al momento dell’apposizione delle firme, mentre invece la legge prescrive il coinvolgimento sostanziale dell’RLS proprio anche nella fase della stesura del DVR. E così anche nella riunione periodica l’RLS viene coinvolto sempre solo come mera formalità. Può accadere, anche, che l’RLS venga scelto o segnalato dal datore di lavoro (magari una persona di fiducia del datore di lavoro), magari non espresso dai sindacati anche se presenti in azienda, come invece prescrive la legge.
Ebbene in questo contesto il ruolo di RLS è particolarmente difficile, ovvero a fronte di continue frustrazioni, mancate convocazioni, mancati coinvolgimenti, segnalazioni senza alcuna risposta, disinteresse generale dei colleghi che spesso vivono questa figura come elemento di disturbo, riesce a portare il suo ruolo a testa bassa solo se è fortemente motivato.
E poi come non citare il grande assente dell’intero tema: i controlli! Nessun tipo di controllo mai… Se non incidenter tantum controlli di tipo formale sulla documentazione (si torna ancora sulla formalità della materia).
Venendo al nostro ruolo come Partito della Rifondazione Comunista noi abbiamo il dovere in primis di intervenire sulla coscienza dei nostri colleghi banalmente sui luoghi di lavoro, di promuovere una cultura della sicurezza sui luoghi di lavoro che spesso non è percepita come questione seria, oppure sembra relegata solo ai lavori dove il tema è macroscopico come per esempio l’edilizia, ma se il datore di lavoro ti chiede di spostare un frigo perché in quel momento c’è bisogno e la movimentazione carichi non rientra nelle tue mansioni anche quella è questione di sicurezza sui luoghi di lavoro.
Foto: compagni di Rifondazione Comunista – SE della Toscana in occasione della manifestazione indetta a Prato in seguito alla morte dell’operaia Luana D’Orazio.
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